Per “cessione/trasferimento di volumetria” o “di cubatura” si fa riferimento ad una prassi negoziale con la quale il proprietario di un fondo trasferisce in tutto o in parte al proprietario di un’area confinante la potenzialità edificatoria del proprio terreno. Il cessionario vedrà in tal modo incrementata la cubatura di spettanza del proprio terreno e potrà richiedere al Comune una concessione edilizia al fine di realizzare un edificio di volume maggiore di quello che potrebbe edificarvi. Il fondo di cui si cede la potenzialità edificatoria diviene così in tutto o in parte inedificabile. Ivi inclusa, quindi, l’impossibilità che l’area venga presa nuovamente in considerazione ai fini del rilascio di una nuova concessione edilizia. Si è anche sottolineato come la cessione di cubatura o di volumetria siano consentite in quanto il Comune è indifferente rispetto alla possibilità che la potenzialità edificatoria di un’area sia sfruttata da un unico o da più proprietari di fondi vicini.
Come si è detto, per cessione di volumetria si intende per lo più una prassi negoziale, lungi dall’essere definita con esattezza dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Rilevante è quanto affermato a riguardo dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui la cessione di cubatura si realizzerebbe per effetto del solo titolo edilizio maggiorato, che avrebbe effetti verso i terzi e tra le parti ex nunc. Il titolo amministrativo perciò renderebbe superfluo l’accordo privato e attribuirebbe al fondo una nuova qualità. La prassi amministrativa adottata dalla stragrande maggioranza dei Comuni differisce però da tale posizione, richiedendo de facto un negozio privato soggetto a trascrizione nei Registri Immobiliari. In assenza di una normativa che definisca con precisione questi aspetti, la dottrina ha individuato almeno tre requisiti che il contratto di cessione di cubatura deve prevedere: 1) esso deve stipulato tra proprietari di fondi distinti che si trovino però nella medesima area urbanisticamente omogenea; 2) deve rispettare le prescrizioni dello strumento urbanistico vigente; 3) non deve porsi in contrasto con le disposizioni dell’amministrazione comunale.
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